Sono una persona molto buona, spesso anche troppo, mi capita raramente di odiare qualcuno o qualcosa in modo sincero e genuino, generalmente mi limito a disinteressarmi. Tuttavia più vado avanti con gli anni più mi accorgo che odio fisicamente la Juventus, cioè quando mi capita di entrare in contatto con la Juventus mi si torce lo stomaco, stachicardo, mi si affaticano i lineamenti e mi comincio ad esprimere per smorfie, divento una persona cattiva.

Ieri ho deciso di guardare il derby, mi sono quindi posizionato sul divano con amuleti, bambole, ferri di cavallo e peperoncini  e con immensa concentrazione ho gufato. Purtroppo la gufata è durata poco, perché dopo 5 minuti dall’inizio della diretta ho cominciato a stare male, a vedere cose assurde, a non darmi spiegazioni e a stare male di nuovo.

Partiamo da un’analisi prettamente estetica, bello stadio condito da colori orribili, colori che trasudano mestizia e squallore, bianco e nero per persone grigie, ma delle persone parliamo poi.

L’inno più brutto della storia dell’umanità, quelle cose talmente brutte che per forza di cose diventano ridicole e fanno un po’ simpatia feat. malinconia, ti strappano un sorrisetto e allo stesso tempo una lacrimuccia sincera. Riporto qualche perla. “simili a degli eroi, abbiamo il cuore a strisce” “solo chi corre può fare di te la squadra che sei”. (??????) “bianco che abbraccia il nero, un coro che si alza davvero”. Che culo c’avevo paura s’alzasse peffinta ‘sto coro, ‘n sia mai.

 

Ovviamente la strumentale è una lagna che istiga il suicidio e non fa altro che rendere il tutto più imbarazzante, sempre che ce ne fosse bisogno.

Le persone inquadrate sembrano tutte mortadelle e indossando copricapi discutibili, mi dico va be’ però fanno simpatia Leonà, sei proprio un cagacazzi, poi penso che non fanno simpatia manco per cazzo, proprio per niente.

Procediamo con l’analisi antropologica, o sociologica, come ve pare a voi tanto non lo so manco io che sto a fa. Lo juventino medio secondo me è stupido, ma proprio stupido, non c’è altra spiegazione, tifare Juventus mi sembra una cosa talmente assurda, irragionevole e priva di sentimento o passione che l’unico modo in cui riesco a giustificarla è suppore la totale demenza di chi la tifa. Per capirci meglio il tifoso medio Juvetino ha sicuramente seguito con ansia il festival di Sanremo e ripone tuttora grande fiducia nella musica leggera italiana, Il tifoso medio juventino votava Berlusconi, poi Grillo, poi forse Renzi, poi il prossimo. Il futuro è un’imbrevedibile montagna russa che lo juventino cavalca con sorriso ebete e sguardo vacuo, secondo me.

E le mie sono teorie fondate, fondatissime, perché solo delle persone che soffrono di gravi ritardi mentali possono essere felici di cantare allo stadio quell’inno di merda. Solo dei ritardati possono urlare “merda” al portiere avversario. Attenzione non mi fraintendete il mio non è un giudizio benpensante, per me gli insulti allo stadio sono una cosa sacrosanta, ma proprio perché sono una cosa sacrosanta ma porcamadonna vuoi confenzionare un’invettiva più articolata e pungente di “merda”? Vi prego io ieri stavo male, mi avete messo in imbarazzo di fronte a mio padre, cioè ogni volta che urlavate merda io dovevo guardare negli occhi il mio povero e stanco padre e dirgli: “si papà questi urlano merda al portiere quando rinvia, lo so, so’ così so juventini che ce devi fa.” Riuscite a togliere la goliardia dal calcio mortaccivostra e de quanto fate rate.

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Siete un popolo grottescho come il monosopracciglio del vostro presidente, avete un’ironia orribile, dei gusti orribili, delle mogli orribili e una storia orribile.

Potrei parlare per ore del tanto decantato stile Juventus che purtroppo è morto col buon Gianni Agnelli pace a l’anima sua, potrei parlare per ore degli striscioni vomitevoli di ieri sera riguardanti Superga, potrei parlare per ore che con le curve chiuse avete messo i bambini col cappello balocco in testa allo stadio a urlare merda al portiere avversario. Potrei parlare dell’antipatia che provo per la vostra dirigenza, per il vostro allenatore, per la maggiorparte dei vostri giocatori, per la vostra storia e per quello che rappresentate. Potrei parlare dei fatti e dei dati che vi condannano inquivocabilmente.  Però alla fine vi dovrei ringraziare perché se mai avrò un figlio potrò spiegarli spiegarli il concetto di giusto e di sbagliato in un attimo: “Amore de papà il giusto non te lo so spiegare, perché forse non esiste, ma guarda la Juventus, quello sicuro è sbagliato.”

Non mi avventuro in questioni giudiziarie, o fatti di campo perché sono molto, molto stanco.

Mi limiterò solo a dire che vincete sempre, bravi, ma come direbbe il sergente di metallo, ANTAGONISTA E ME NE COMPIACCIO.

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Il conflitto israelo-palestinese mi ha sempre affascinato, forse perché mi affascinano i drammi, o forse perché è una di quelle cose che è entrata a tal punto nella vita di tutti i giorni che mi risulta impossibile non parlarne o almeno non pensarci. Sicuramente verrò tacciato di antisemitismo, sicuramente verrò accusato di avere la coda di paglia per aver detto di poter essere tacciato di antisemitismo, magari avete ragione, magari no, sinceramente trovo che il confine tra antisionismo e antisemitismo sia estremamente labile, ma questo è un’argomento molto rischioso da affrontare e io sono pure pigro quindi basta. Ho poca fiducia nell’umanità e quindi mi pare ovvio che quello che sta succedendo in Palestina sia un piano perfettamente confezionato, infallibile, premeditato, la stampa generica e generalista è intenta a darci in pasto ogni giorno il conflitto israelo-palestinese, bombardarci il cervello con immagini, articoli, video, interviste, farci abituare a vivere il dramma della guerra, abituarci all’opposizione tra oriente e occidente, fino a renderci incapaci di immaginare un mondo in cui non sia in atto una guerra in medio oriente, e lentamente sta funzionando, c’è come un’inconsapevole accettazione della guerra, una remissiva consapevolezza che ci ha portato ad interiorizzare talmente tanto questo conflitto da renderci di fatto candidamente disinteressati, c’avemo fatto er callo, in pratica.

Quindi va così, va che i settlers Israeliani continuano a creare villaggi illegali nella west bank palestinese, e nessuno ne parla, nessuno se ne rende conto, a nessuno interessa, perché, è l’occidente che attacca l’oriente e quindi va tutto bene, noi non corriamo nessun rischio, esportiamo la nostra cultura, apriremo pure uno Starbucks, e nessuno sentirà la mancanza del popolo palestinese, si mischieranno, diventeranno come noi, perché certe culture hanno meno diritto di altre a sopravvivere.

Questo genocidio riesce ad avere poca risonanza mediatica (quella vera) secondo me perché la foto di un bambino arabo esploso fa meno effetto di una foto di un bambino ebreo della stessa età che pesa 20 chili. Il bambino ebreo ci somiglia, ha i nostri stessi tratti somatici, l’immedesimazione è immediata, facile. Da piccoli quando alle elementari ci facevano fare le ricerche sulla Shoah, abbiamo provato tutti quella sensazione di angoscia, quella paura terribile, abbiamo colto tutti l’importanza e la gravità di quello che ci facevano studiare.

Tutto questo non esiste per il genocidio palestinese, a nessuno interessa farci cogliere la gravità di quello che sta succedendo, ma la cosa più pericolosa è che forse una volta terminato, a nessuno interesserà ricordarlo.

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Primo Levi ha creato la più importante marca di jeans al mondo?

Per quanto mi riguarda si, quindi facciamo due passi indietro.

Chi ha ucciso l’uomo ragno? Satana, Silvio, generici barbiturici, o le ragnatele non hanno retto il suo peso? Perché anche spaidermen è ingrassato, con la crisi si mangia peggio, si mangia di più, ma peggio e quindi il grasso sdogana le dogane e fugge ad est, fugge per l’esattezza a Pyongyang, dove un ragazzino viziato, noto sciatore svizzero minaccia di uccidere il mondo, non è un impresa semplice, sia chiaro, ma secondo me ci riuscirà, lo vedo convinto. E quando saremo tutti morti, nessuno si chiederà più chi ha ucciso l’uomo ragno, quindi di riflesso Primo Levi non sarà più un noto produttore di jeans, ma tornerà ad essere Primo, che comunque non è male, meglio essere primo che Secondo, Secondo Levi sarebbe un frustrato frustato fruttato. 

Per il resto le cose procedono dritte, ci sono i Saggi, che per definizione sono dritti, Bossi è ancora vivo, e per definizione ce l’ha sempre dritto, e Mistero mi mette ansia e mi fa dormire male, però fondamentalmente il suo complottismo a buon mercato mi coccola e mi ricorda che non tutto è perduto, tranne i capelli di Enrico Ruggeri, quelli sono perduti per sempre. Forse i Pelati sono alieni anche perché si assomigliano tutti, anche io sto diventando pelato quindi sono un alieno credo, quindi piano piano assumerò le sembianze di Paolo Brosio, Enrico Ruggeri, Massimo Boldi o Claudio Bisio tanto sono tutti uguali.

Papa Francesco è umile pare.

Ultima notizia di fondamentale importanza, il figlio di Jerry Calà (Johnny Calà) ha fatto una parodia di Gangnam Style e l’ha caricata su iutub, lo odio mi viene voglia di strozzarlo e mangiarlo davanti a quel coglione del padre.

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Riprendendo una frase di Peter Griffin a me molto cara, “ma a quale prezzo, a quale prezzo?”

A quale prezzo ti svegli la mattina per fare cose che non vuoi fare? Chi ti paga? Cosa ti spinge? Un giorno i tuoi sforzi saranno ripagati?

Probabilmente no, muori e ti mangiano i vermi sotto terra, poi te sei un furbastro, ti auto convinci che tanto tutti alla fine muoiono e si decompongono, ma vuoi mettere diventare Simmenthal dopo una vita di soldi fama e fiCa, invece che dopo una vita di povertà, anonimato e cazzi in culo?

Ovviamente il paragone sancisce un verdetto impetuoso, la ricerca della felicità, come ci insegna Will Smith, per forza di cose DEVE passare per dei punti prefissati, e uno di questi è sicuramente vagare con un ragazzino negro per New York cercando di non essere additato come un pedofilo, dopodiché stai a cavallo.

E per quanto la stessa vita di Will sia un lungo esercizio di stile, certe volte l’esercizio ripaga, se ti alleni dimagrisci, ti crescono i muscoli e ti scopi un sacco di trucide da palestra sudate, oliate, maggiorate e con la Smart Brabus nera opaca.

E allora sarà questo il vero senso della vita, la ricerca della felicità deve per forza di cose cominciare nell’utero di qualche trucida con la tartaruga, e non ti chiedere se sia giusto o sbagliato, fallo e basta per la madonna.

Inoltre, se dovessi procreare, non lo buttare, cresci il pargolo e mangialo quando c’è più ciccia da cucinare, che qua ce sta la crisi non se magna più il popolo lo sanno.

Ora se ce la fai, se hai abbastanza cuore, se ti reputi un essere umano, se sei romanista cazzo, prova ad immaginarti Peter Griffin al posto di Will Smith, cosa avrebbe fatto con il ragazzino? Ma soprattutto, a quale prezzo?

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La gente fa schifo,  però non ti devi sentire parte di un’ elite che non fa schifo, perché fai schifo te, faccio schifo io, facciamo schifo tutti.

Partendo da un’analisi anatomica dell’essere umano, si nota subito che non siamo belli, esseri spesso molli, per lo più glabri, con lunghi arti scoordinati che si muovono male palesando il loro disagio passo dopo passo, azione dopo azione.

Ti piacerebbe essere aggraziato ed agile, morbido ma tonico, espressivo ma non traditore, purtroppo sei un essere umano non sei un gatto, sei una merda e il tuo stato di merda è amplificato dal fatto di avere una mente ben troppo pensante, purtroppo spesso benpensante. Allora cosa ci resta? La commiserazione, l’autodistruzione, un’ incrollabile fede nei nostri mezzi al limite, cosa che purtroppo non ci salverà dal nostro triste destino di decomposizione puzzolente.

L’infelicità va di pari passo allo schifo, te la porti sotto la pelle, sotto forma di disperazione latente incontrollabile che non abbandonerai mai, ma che tuttavia ti cullerà nei tuoi momenti di malinconia positiva. Quindi ridurre la vita umana a una lunga degenerante diarrea potrebbe essere una soluzione per analizzare l’esistenza. Ma perché? Perché siamo più votati al brutto e al triste invece che al bello e al felice? Alla fine la vita in effetti è un lungo stato mentale, ma questo stato mentale lo comandi te fino a prova contraria, anzi questo stato mentale sei proprio te in prima persona, quindi assumere un’atteggiamento positivo nei confronti della vita dipende da te in primis, e poi dal resto delle cose che ti circondano. Però alla fine fa sempre comodo commiserarsi e le comodità vanno sfruttate perché sono rare.

Quindi alla fine cosa siamo, dei gatti obesi forse? Potenzialmente magnifici ma rovinati dalle contingenze (in questo caso il cibo), è una spiegazione soddisfacente ma non esaustiva perché la natura umana stessa è soddisfacente ma non esaustiva. Buona serata.

Filosofiaspicciolafabiovolomefanapippavolante.

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La Lega Nord, o semplicemente la Lega, o anche alega o al limite aleganorde, è ‘na robba che da qualsiasi punto di vista risulta ininterpretabile, se non dal punto di vista musicale. A me personalmente non sono mai piaciuti troppo, neanche quando andavano di moda, neanche quando hanno fatto uscire il primo disco, boh m’hanno sempre smosciato un po’ le palle, con il loro rock lento, noioso, un pizzico retrogrado con accenni di nazionalsocialismo.

Però ovviamente io non faccio testo, infatti i primi anni sono andati davvero forte, hanno venduto milioni di copie, hanno fatto esaltare orde di fan impazziti, i video dei primi live sono pazzeschi, non ho mai visto sessantenni padani agitare le zappe con così tanto vigore.

Hanno pure fatto una cifra di comparse in TV, ma la loro più grande hit resta questa

con tanto di intro di Grillo di quando ancora non faceva il cantante.

Poi varie collaborazioni con gli artisti più disparati, uno fra tutti ovviamente Berlusconi a.k.a Abberluscone. Per anni il collettivo rock padano e il cantante neomelodico Milanese hanno collaborato per dare vita a numerosi brani di successo come; “La moschea no, non l’avevo considerata” , “Aste a Lampedusa” , “L’aula del crocifisso” e numerose altre, tutte raccolte nel loro album “Giudici Comunisti”

Durante la loro carriera comunque sono stati al centro di numerose controversie e critiche, il complesso tuttavia si è sempre difeso barricandosi dietro il suo dialetto antipatico e il suo provincialismo antisociale.

Idoli di giovani e di anziani, ancora oggi le hit senza tempo della Lega Nord riscuotono un grandioso successo, appellandosi con rinnovata energia alle paure e all’ignoranza di un paese sempre più di merda.

Quindi cosa serba il futuro per questo gruppo vecchio ma sempre attuale? Cene a base di Marocchini, populismo take away, errori grammaticali nei live, voce in capitolo, diritto di governare, voglia di stupire.

(il ribelle ex frontman del gruppo durante uno dei numerosi live)

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Gli Smosciapalle sono mammiferi appartenenti all’ordine dei Rompicojoni, costituenti la famiglia dei Tartassacazzo, distribuita a macchio d’olio su tutto il pianeta. Gli Smosciapalle mostrano un corpo flaccido, di forma allungata e compresso lateralmente. La lunghezza, esclusa la coda di paglia, varia dai 15 cm del Microscassamichia ai 120 chilometri del Sacrosciamanosmosciapalle.

Presentano un lungo muso dotato di varie puzze sotto il naso, e di lingua generalmente noiosa e vischiosa, con la quale catturano argomenti e discussioni poco stimolanti, introducendoli rapidamente nei discorsi altrui attraverso aperture scovate dai loro piccoli occhi da talpa.

Dormendo spesso si riparano e proteggono da contaminazioni esterne di intelligenza.

Tutti gli Smosciapalle sono dotati di aculei, ovvero peli modificati e resi rigidi dalla assenza di furbizia. In un adulto la loro lunghezza è di circa 20-30 metri e il numero medio intorno a 500000. La tipica strategia di scassamentodicazzo degli Smosciapalle consiste nell’appallottolarsi intorno al cazzo della preda e ferirlo mortalmente con i propri aculei. 

Il letargo inizia in autunno per terminare in primavera, ma quello mentale, nei casi più estremi può durare per decine di anni. In questa fase lo Smosciapalle trova riparo tra ignoranza e luoghi comuni o al limite in una tana ricolma di speranza nel prossimo. Durante il letargo l’animale sopravvive grazie alla misericordia di esseri più evoluti. Non è insolito, però, che in una tiepida giornata d’inverno si possa incontrare uno Smosciapalle in cerca di Barbara d’Urso prima di ritornare nel sonno stagionale.

Lo Smosciapalle è un animale satanico. Le varie specie sono diffuse in Europa, Asia e Africa. La sua dieta include insetti, lumache, rane, uova di uccelli, feti, tumori e infezioni. Ama la merda, i vermi e tutti gli animaletti che popolano il sottopalla. Può arrivare a succhiare uccelli di qualsiasi taglia, ma anche topi e serpenti. Nell’alimentazione degli Smosciapalle domestici è consigliabile alternare avanzi, frutta marcia e carne infetta. Devono essere evitati intestini, latte e i suoi derivati, elio e le storie tese e san culamo, alimenti di cui va molto ghiotto ma sconsigliati per il suo metabolismo.

Gli Smosciapalle sono animali in grado di divorare l’anima delle persone e in alcuni casi arrivano a riconoscere negli uomini i propri genitali. Gli Smosciapalle domestici amano annoiarsi e annoiare, con scatole, ruote e palline. In Italia è però vietato dalla legge mantenere in cattività uno Smosciapalle selvatico. 

(La foto ritrae il matrimonio tra due specie di Smosciapalle differenti)

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Per dare una svolta a questa generazione di merda, questa generazione di ragazzini autointeressati. Siamo l’unica generazione della storia in pratica a non essere figlia della guerra, neanche di secondo grado, perché la vera prima generazione di merda è stata quella troppo piccola per vivere il 68, i 40/50enni di oggi, sono il male totale, figli degli anni 80, delle magnate cafone e del consumismo becero. Gli anni ’80 hanno prodotto il mare di merda in cui noi oggi sguazziamo spensierati incuranti della puzza. Pensaci, tuo nonno guerra, bisnonno guerre, bis-bisnonno guerre, bis-bis-bisnonno guerre, la guerra c’è sempre stata, ha aiutato l’uomo a non far emergere i suoi lati più egoistici, ha dato ai matti il motivo per essere matti, ai violenti un motivo per essere violenti, ai giovani un motivo per fomentarsi, ai vecchi il motivo per campare.

E poi la guerra darebbe dei motivi più profondi per piangere, invece della solita madre infanticida o del marito sbroccato, la guerra ci farebbe esternare la disperazione che altrimenti ci logorerà dall’interno.

Non può essere un caso che le uniche due generazioni della storia dell’umanità che non hanno vissuto la guerra in prima persona siano anche le due peggiori piaghe dai tempi delle cavallette, io credo sinceramente che l’unico modo per salvare l’anima di quella mongoloide di tua cugina aspirante corteggiatrice di uomini e donne ma estetista nel tempo libero sia una sana guerra in cui possa vivere il lato più profondo della disperazione umana, se dovesse campare diventerà sicuramente una persona migliore.

E in questo discorso ci voglio infilare pure il dramma delle Air Force, porcamignottavaffanculo, perché queste scarpe, per decine di anni simbolo di una cultura ben precisa, e ci tengo a precisare BEN PRECISA PORCODDIO, adesso sono finite ai piedi di gente che non solo non le merita, ma non deve proprio indossarle. Ai tempi di mio padre, almeno stando alle sue memorie, i fascisti erano fascisti, i pariolini erano pariolini, i comunisti erano comunisti, gli alternativi erano alternativi, i poveri erano poveri e i ricchi erano ricchi, e bene o male nessuno recitava il ruolo di qualcun’ altro, perché c’era una specie di orgoglio, di senso di appartenenza, di voglia de non fasse pija per culo anche, quindi boh, mi auguro di non vedere più Air Force ai piedi di pariolini, burini, coatti, hipster, Emis Killa, ecc. Il fatto che mo’ il rap sta su MTV non è una scusante.

Quindi concludendo se dipendesse da me un’eventuale guerra la farei cominciare anche pe ‘sto fatto delle Air Force, o comunque anche per altri motivi non troppo seri, poi mano mano che s’ammazzamo le ragioni per continuare le troviamo.

Stat’v accuort’.

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Quindi decidi di andare ad Amsterdam in tre, e dopo esserti sottoposto a parecchie droghe leggere succede che conosci un botto di gente, gente che probabilmente avresti schifato in altre situazioni, o al limite non te le saresti ricordate, un barbone dalla nazionalità segreta, un pitbullterrier del barbone, una hippie inglese, un turco pedagogo, non gangbang mi raccomando, una somala svizzera che parla milanese, una brasiliana svizzera che parla milanese molto razzista e molto amica della somala, una tatuatrice di bologna, una liceale di moda di bologna (a Bologna), lo spagnolo che lavorava all’ostello di notte, sovversivo e anarchico, una tedesca bella e stronza, una irlandese brutta e simpatica, una tedesca/ingelse mediamente bella e mediamente simpatica, un cinese che non ha mai fumato e che teme per la sua vita dopo il primo tiro.

Amsterdam è un luogo di persone, una città a misura d’uomo, un posto dove anche tre disperati disagiati senza dio come noi posso interagire con altre persone, perché non conta chi sei ma quanto in quel momento sei dissociato e più ti dissoci più ti integri ed entri in un loop malato di fiori e pensieri belli, di amore generalizzato e piacevolezze, di cibo grasso e sporco e di topi nei coffeeshop.

Siamo pure andati al museo della scienza, e giocare con bolle di sapone grosse quanto te da fatto è un’ esperienza completa, tutto quello che ti serve in quel momento, il top dell’esistenza umana.

Anche vedere la serie A scimmiati dentro il bulldog con 5 televisori ognuno con una partita non è poi malissimo.

Perché partendo la gente mi aveva stuprato il cervello raccomandandosi di pisciare il bulldog, perché è commerciale, costa tanto ecc.

Sono cazzate, costa come gli altri posti, quello grosso è aperto fino alle 3 e l’ambiente è un macello, i buttafuori sono simpatici (però tutti erano simpatici), la musica è un miscuglio di techno, hip hop ammerigano e musica commerciale che te pija a bene. E poi se sei una hippie inglese capace che trovi un piatto gigante di nachos gratis di sabato mattina, capace pure che ce lo offri, capace pure che te volemo bene e capace che poi un grammo di kush dura molto poco.

Poi certo se vuoi la tua bella esperienza mistica vai in un coffeeshop dimenticato da dio con le liane e i cazzi, l’importante è alternare.

Gli olandesi sono persone chiuse, salutano a fatica, non ti s’inculano proprio.

Ma va bene così, nonostante la nostra meridionalità ci imponesse di salutare con insistenza ogni essere umano coinvolto nella nostra vita, il ricevere scarsi saluti svogliati non ci ha turbato troppo.

Uno di noi tre, non dico chi, a un certa sosteneva di avere un motore nelle mani, o al limite degli insetti, ho riso così forte da dimenticarmi di respirare, come al solito.

Il clima è una merda, i palazzi so storti, i locali sono piccoli.

Andateci.

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Salviamo il disagio, perché diciamocelo chiaramente, io in giro vedo sempre più gente disposta ad intrattenere relazioni di qualsiasi tipo con perfetti sconosciuti, questi cultori delle pubbliche relazioni piano piano stanno devastando l’ego di ogni povero disagiato. Non ci possiamo solamente affidare alla diceria che l’alcol rende disinibiti, perché l’alcol rende ubriachi, stop.

Ma dobbiamo parlare un po’ del disagio in se.

Il disagio è quella cosa che ti fa sentire come l’ultimo attore arrivato sul set, un po’ bistrattato, un po’ al centro dell’attenzione, quell’attore che comunque deve  fare qualcosa di unico e personale per integrarsi ma che nonostante i suoi sforzi è l’ultimo a ricevere il copione. Quello che alla fine come gira gira si trova sempre solo a pensare ai cazzi suoi ed a immaginarsi i cazzi degli altri come se ce ne fosse realmente bisogno, e nonostante il disagiato sia spesso ubriaco o fatto, il disagio resta una cosa interiore, certamente non una cosa che può essere provocata da fattori esterni.

Il disagiato è quello che vede tutti gli altri integrati, è quello che soprattutto riconosce nelle altre persone un obbiettivo che sono intente a perseguire, purtroppo il disagiato vede se stesso senza nessun tipo di obbiettivi, ed è in questo momento che comincia il suo dramma. Perché il vero disagiato vede un mondo che lo giudica senza rendersi conto di essere l’ultima ruota di un carro fin troppo infame, un carro che non se lo incula proprio.

Dire che quindi il disagiato ha un mondo sconfinato dentro di se, potrebbe farmi risultare come un pedofilo ascoltatore convinto di Ligabue, però in un certo senso è vero, sicuramente se sei disagiato al punto giusto non ti integrerai mai e forse questo alla fine ti salverà, perché dall’esterno  puoi guardare tutto con una lucidità ed un’ obbiettività impensabili per chi è troppo infognato in un qualsiasi gruppo o modo di pensare, e poi il disagiato se mai ti dirà qualcosa puoi stare certo che è voluta, mentre il soggetto entusiasta, pieno di vita, ricolmo di gioia, di speranza nel prossimo e spesso cocainomane ti dirà mille frasi di circostanza pur di fare i suoi interessi o quelli dei suoi associati.

Per forza di cose invece, il disagiato non ha né interessi da tutelare né associati.

Per concludere e dare una parvenza di compiutezza a questo sfogo palesemente ubriaco, ti dico che secondo me nessuno ti costringere ad essere per forza congruo alle norme di accettabilità della comunità, cioè ci sono delle pressioni esterne che ti invitano sicuramente a seguire una specie di modello, però alla fine non è che c’è qualcuno che ti punta una pistola in bocca e ti obbliga ad integrarti in questo schema, parliamoci chiaro, alla fine puoi fare quello che cazzo ti pare e questa è una cosa fantastica che purtroppo spesso dimentico.

(Ci sono poi quelle persone in grado di trasformare il proprio disagio in integrazione, sono comunque soggetti posseduti da Satana in persona, tipo Sarah Palin)

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